Ci sono alcuni cibi che sono indissolubilmente legati a doppio filo con il territorio in cui nascono, tanto che talvolta conosciamo il nome del paese proprio perché lo associamo al prodotto che lo ha reso famoso nel mondo.
Non conosceremmo Bronte se non ci fosse il pistacchio, così Modica con il cioccolato, Sulmona con i confetti e Avola con il vino.
E che cosa ricorda Ariccia se non la Porchetta?
La Porchetta di Ariccia prende il nome dalla omonima città di Ariccia, nel cuore dei Castelli Romani, dove venne realizzata per la prima volta.
Anticamente “Aricia” era la prima sosta sulla via Appia, la lunga strada che partiva da Roma e portava a Brindisi.
La storia della Porchetta di Ariccia inizia infatti nelle epoche pre-romaniche con la popolazione dei Latini, quando i sacerdoti lavoravano le carni suine da offrire in sacrificio nel tempio di Giove Laziale sul Monte Cavo.
Con il passare dei secoli, con i nobili romani che si trasferivano ad Ariccia per la stagione estiva e per organizzare battute di caccia, si è mantenuta l’abitudine di preparare la Porchetta di Ariccia.
La maestranza artigiana della preparazione delle Porchetta si è così tramandata nelle famiglie ariccine di padre in figlio, insieme alla nomea di “Porchettari”.
Citata dal New York Times come uno dei finger food tipici dell’Italia Meridionale, la particolarità più caratteristica della Porchetta di Ariccia è la crosta croccante di colore marrone che la avvolge.
La carne è chiara e al gusto è molto saporita, grazie alla presenza delle spezie, tra cui rosmarino, pepe nero e aglio.
La tradizione dice che la porchetta può essere consumata tagliata in fette sottili e a temperatura ambiente.
Il modo migliore per assaggiarla è accompagnata da patate saltate al rosmarino o all’interno di un pane casereccio. Ma il vero abbinamento che merita è quello con la birra, meglio se artigianale e fresca.
La vera Porchetta di Ariccia IGP la trovi nei nostri negozi a partire da mercoledì 19/05.
Insieme alla Porchetta di Ariccia IGP ti proponiamo una serie completa di specialità tipiche della norcineria laziale, come la Coppa di Testa e il Guanciale al Pepe.
“Ma, quando io avrò durata l’eroica fatica di trascriver questa storia da questo dilavato
e graffiato autografo, e l’avrò data, come si suol dire, alla luce, si troverà poi chi duri la fatica di leggerla?”
Iniziò con il “ritrovamento” di un manoscritto del XVII secolo il più importante romanzo della letteratura italiana (non voglio spoilerare ma finisce che si sposano) e, allo stesso modo, inizia la storia del Formaggio Nero de la Nona.
Una storia lunga 250 anni che affonda le sue radici nel territorio della Val di Scalve e che, come spesso accade nei racconti più affascinanti, confonde poesia e realtà, storia e leggenda.
La ricetta originale è stata ritrovata una manciata di anni fa ma risale al 1753, scritta su una pergamena in dialetto scalvino e custodita dal tempo in una latta.
Il Formaggio Nero della Nona non tradisce le sue origini bucoliche, stupendo da subito per i suoi profumi di sottobosco, in particolare abete, arricchito da note floreali ed esaltato dai grani di pepe nero pregiato.
Com’è ovvio, la materia prima è squisitamente del territorio Scalvino ed il latte vaccino esclusivamente di vacche di razza bruna alpina.
Siamo orgogliosi di fartelo conoscere, a partire da mercoledì 12/05 nei nostri negozi (su prenotazione per il ritiro in Piazza Pontida).
Insieme al formaggio Nero della Nona troverai altre tipicità della Val di Scalve, come la Formagella Val di Scalve e il Fior di Scalve.
Un viaggio fantastico, unico nel suo genere.
Un viaggio che non ha bisogno né di green pass né mascherina.
Nei prossimi mesi, ma a partire da domani, ti prendiamo per mano, virtualmente si intende perché in realtà resteremo ad un metro, e ti portiamo con noi alla scoperta di territori, saperi e sapori.
Perché proprio ora?
Ci siamo scoperti completamente dipendenti da quello che succede a migliaia di km da noi, in una quotidiana invasione di prodotti, culture e stili di vita che storicamente non ci appartengono.
“Siamo sicuri che non si raggiunga la propria pienezza isolandosi”
Vero. Ma siamo altrettanto certi che anche senza le nostre tradizioni, i nostri valori e la nostra cultura, il mondo sarebbe meno ricco e noi meno capaci di godere di quel che gli altri possono proporci di diverso.
Senza conoscere il sapore del salame nostrano anche il sushi sarebbe meno buono.
Per questo vogliamo salire insieme a te i sentieri delle nostre valli. In questo cammino conosceremo persone, famiglie e aziende che ci racconteranno le loro storie.
Talvolta prenderemo il treno e ci spingeremo un po’ più in là della nostra amata Bergamo e della nostra regione per renderci conto, una volta di più, di quanto siamo fortunati ad essere nati qui.
Il nostro viaggio inizia così.
Sei al bancone del supermercato e di fronte a te hai più di dieci cosce di prosciutto crudo tra tagli e tipologie. Arriva il tuo turno e sei ancora indeciso. Il classico impasse da troppa scelta.
Come si sceglie il prosciutto crudo?
Prova a rispondere Stefano, proprietario del Salumificio Slega, azienda artigianale specializzata nella produzione di Prosciutto Crudo di Parma DOP, in 5 semplici punti.
Esistono tre tagli differenti del prosciutto. L’inizio, dal gusto asciutto e sapido, il centro, morbido, umido e dolce ed in ultimo il “Gambetto”, la parte finale, che resta più nervosa rispetto agli altri due tagli.
Scegli sempre il prosciutto più grasso. Difatti, la parte grassa del prosciutto che avvolge quella magra, permette a quest’ultima di restare morbida, dolce e di sciogliersi in bocca. Se non sei amante del grasso puoi sempre toglierlo.
Più la stagionatura del prosciutto è lunga, più il prezzo sarà elevato. Uno stoccaggio più lungo e un fisiologico calo di peso necessitano di lavorazioni ulteriori, quindi a parità di condizioni un prosciutto stagionato 20 mesi sarà più costoso di uno stagionato 16.
Il costo d’acquisto del prosciutto crudo è composto da differenti voci, quali qualità delle materie prime, mesi di stagionatura e l’utilizzo di una lavorazione artigianale o industriale. La lavorazione artigianale presuppone la salatura a mano, la stagionatura all’aria aperta, la cura costante del prodotto durante il processo di stagionatura e la professionalità degli addetti. È molto probabile quindi che un prosciutto crudo artigianale costi di più di uno industriale.
Impara a distinguere il Prosciutto di Parma, dolce e morbido, il Prosciutto San Daniele, più asciutto e saporito del Parma e il Prosciutto Toscano, più saporito e asciutto di entrambi.
Tra le molteplici varianti esistenti, il Crudo di Parma è il prosciutto crudo italiano più rinomato e diffuso al mondo ed è ritenuto il migliore. Ma lo è veramente?
In realtà, così come non esiste la parte migliore di un prosciutto, altrettanto non possiamo dire quale sia il più prelibato. Semplicemente, è quello che ognuno di noi preferisce e che meglio si adatta ai gusti personali.
Nei nostri punti vendita abbiamo scelto di avere sempre a banco dei diversi tagli di Prosciutto Crudo di Parma, dai 20 a i 22 mesi, e in alcuni periodi particolari possiamo proporre il Prosciutto Crudo San Daniele.
Dopo aver memorizzato questi 5 consigli non ci saranno più tentennamenti di fronte al bancone salumi del supermercato e, nel caso, puoi sempre chiedere al nostro salumiere di fiducia qualche suggerimento rispetto al taglio che più si addice alle tue richieste.
C’è un piccolo paesino situato in Valseriana sulle pendici dei monti Trevasco e Alino. Un fertile altopiano, crocevia dei sentieri percorsi durante la migrazione dei greggi.
Questo è Parre. Il più antico centro delle Orobie Orientali, in una valle ricca di boschi e di alpeggi.
Muri in pietra e cortili di una volta, rispettosi delle voci e dei racconti conservati nel corso degli anni, che profumano di ricordi e di storie di famiglie.
E l’orgoglio di Parre si vede sul margine della strada che sale al paese. Una scultura di legno raffigurante una coppia in costume tradizionale, la Chiesa della Trinità e una scritta: “Benvenuti a Parre, i suoi famosi Scarpinocc”.
Gli Scarpinocc de Par, emblema della cultura parrese, devono la loro peculiarità alla forma di ali di uccello.
Una pasta ripiena, la cui origine è poco precisa e si perde nella notte dei tempi. Cura e sapienza sono gli ingredienti che sono stati tramandati di madre in figlia fino ai giorni d’oggi.
Alter ego dei casoncelli bergamaschi, preferiti da chi ama un ripieno magro privo di carne. I Parreschi ne rivendicano la nascita, quando all’epoca dei pastori il burro e il formaggio abbondavano in tutte le case del paese.
A questo pilastro enogastronomico locale, gli abitanti di Parre hanno dedicato una filastrocca.
Oggi sono gli Scarpinocc de Par il nostro baluardo contro la standardizzazione del gusto, per la valorizzazione delle tradizioni locali e dei saperi.
Puoi ordinare la tua Borsa compilando il form nell’apposita pagina ma anche attraverso il nostro canale Facebook, scrivendo una Email o inviando un messaggio WhatsApp.
Ieri sera facendo zapping ho contato almeno 4 programmi televisivi dedicati al culto del cibo, alla sua spettacolarizzazione, agli chef superstar, alle discussioni sul piatto più bello, quello presentato meglio ed il più colorato.
Contemporaneamente vedo intorno a me una realtà fatta di toast e tramezzini veloci, di forni a microonde e di famiglie che sempre più raramente si trovano intorno ad un tavolo. Nei nostri negozi vediamo ogni giorno le più disparate tipologie di cliente. Il golosone che non rinuncia mai al prodotto appena sfornato, il marito che non si azzarda a comprare nulla se non scritto sul bigliettino dalla moglie e l’anziana dell’etto di crudo due panini e l’insalata.
Nel terzo cerchio dell’Inferno Dante incontra i Golosi tormentati da una pioggia “eterna, maledetta e fredda” e dai latrati di Cerbero. Questo però non significa che il piacere del cibo sia peccato. Mi vien da dire che la distanza che c’è tra il piacere del cibo ed il peccato di gola è la stessa che differenzia l’amore dalla lussuria. Ed infatti poco prima il Sommo ha incontrato Paolo e Francesca.
Secondo Dante il piacere del cibo è divino e viene da dio e non può essere un’esperienza negativa.
Sulla strada tra Nazareth ed il Mar della Galilea c’è Cana, la cittadina del primo miracolo di Gesù, la trasformazione dell’acqua in vino. Qualche chilometro dopo Gesù moltiplicherà i pani ed i pesci e riunirà i discepoli per spezzare il Pane.
Insomma il Cristianesimo ravviva e solennizza la tradizione del convivio romano.
Tutto questo mi tranquillizza, cercare di migliorare la bontà di quello che faccio non è puro esercizio di narcisismo. E’ un rendere omaggio alla mia cultura e a quello che sono, è un non tradirmi.
Il Panettone Marchesi 2020 porta con se un continuo lavoro di miglioramento, anno dopo anno, che lo ha portato ad essere unico e prestigioso, adatto al momento più importante dell’anno per essere condiviso con le persone che si amano.
Scopri i dieci gusti pensati per il tuo Natale dal nostro Maestro Silvano Marchesi – i 10 gusti del Panettone Marchesi.
La bresaola della Valtellina IGP e la Borsa di Marchesi.
«Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! … »
Salendo poco più a nord rispetto alle montagne di questo celebre passo di Alessandro Manzoni ci troviamo alle pendici del gruppo del Bernina, del Cevedale e dello Spluga, nel cuore delle Alpi.
Qui, in particolare nei paesini attigui a Sondrio, viene prodotto uno dei salumi più caratteristici di questa valle: la “Brisaola” Valtellinese IGP.
Si stima che l’origine della bresaola Valtellinese risalga al 1400. Per questo il suo processo di lavorazione è frutto di tradizioni secolari, che vengono tramandate di famiglia in famiglia, insieme alla fatica, alla passione e all’amore per la propria terra.
Pochi altri prodotti possono vantare di racchiudere tutta la genuinità e la freschezza delle verdi e soleggiate montagne che fanno da contorno alla provincia.
Nel nostro viaggio per l’Italia, nella valorizzazione dei saperi e delle tradizioni locali, e come baluardo contro la standardizzazione del gusto abbiamo deciso di fare una fermata anche qui.
La dedichiamo a tutti gli sportivi e a chi è particolarmente attento alla dieta, essendo la bresaola Valtellinese povera di grassi e ricca di proteine.
Dopotutto, se Superpippo Inzaghi ha segnato 300 gol nella sua carriera, un po’ è stato merito anche della bresaola.
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Ci sono delle Borse di Marchesi che perseguono nobili intenti con la scelta dei prodotti; valorizzare un piccolo artigiano, far conoscere un’eccellenza, rappresentare un territorio.
Questa volta la ratio è invece molto più semplice, ho inserito i miei piatti preferiti dell’autunno. Caso vuole poi che siano piatti della nostra tradizione e che tutti gli ingredienti siano a Km zero. In più sono prodotti artigianali, eccellenti e tipicamente della nostra amata Bergamo.
Come piatto principale ho scelto la Polenta con i Funghi Porcini; il solo pensiero della forchettata di polenta calda inzuppata nel sughetto dei funghi mi fa rabbrividire. Adoro. Per fare la Polenta utilizziamo la Bramata media di Mais Giallo del Molino Salera, macinata a pietra. Ha quindi bisogno di “girare” molto di più della farina fine, ma è decisamente diversa la soddisfazione che regala come consistenza e presistenza del gusto.
Si presta molto anche per essere accompagnata con una bella fetta di salame nostrano bergamasco, oppure una cucchiaiata di Zola cremoso che si scioglie ancora prima di sfiorarla.
Un altro paio di provocazioni, tra cui una meravigliosa formaggella di latte crudo della Valsassina, poi il nostro pane.
Per chi ama terminare con un dolce non potevamo che chiudere la borsa dell’autunno con una piccola, ma deliziosa fetta di castagnaccio, un dolce che sta perdendo un pochino di appeal sulle nuove generazioni, ma solo perchè poco trendy. In realtà è decisamente gustoso e accattivante.
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